Verso la fine dell’ottocento gli archeologi rinvenirono un affresco che non riproduceva un porticciolo o una caccia o una Venere. Era qualcosa di diverso. La scena che mostrava questo affresco era un arena, precisamente un anfiteatro. L’anfiteatro riprodotto nell’affresco era quello di Pompei. Era stato appena scoperto il celebre affresco della “Rissa nell’anfiteatro”.
Gli storici capirono subito cosa stava riproducendo quell’affresco. Era la raffigurazione di ciò che raccontava Tacito negli “Annales” Lo storico romano scrisse di quando un certo Livineio Regolo organizzò uno spettacolo di gladiatori a Pompei. A quei giochi parteciparono tante persone di Nuceria. Raccontò di come gli spettatori delle due fazioni si odiassero e di come cominciarono a insultarsi “con l’insolenza tipica dei provinciali”. E scrisse che, dalle parole, si passò presto ai fatti. Ne seguì una furiosa rissa. E tanti di Nuceria non tornarono a casa.
La rissa nell’anfiteatro pompeiano fu determinata certamente dalla profonda rivalità tra Nocerini e Pompeiani, originata ed incrementata da motivi politici ed anche economici, frammisti a sentimenti, risentimenti e rancori: lo spettacolo gladiatorio divenne l’occasione, o il pretesto, per sfogare la violenza. Posto che evidentemente nell’anfiteatro erano state portate delle armi, considerati le proporzioni che assunse la contesa e il fatto che all’esilio furono condannati appunto non il solo Livineio Regolo ma anche altre persone che vennero riconosciute colpevoli di avere provocato il tumulto, già sulla base del racconto di Tacito e dei pochi ulteriori riscontri disponibili sino al 2017 sull’episodio si poteva porre il sospetto che personaggi appartenenti alle classi più danneggiate dalla politica coloniale di Nerone avessero voluto approfittare della presenza di molti Nocerini per attaccarli, o che tra gli spettatori vi fossero degli “infiltrati” intervenuti proprio per dar loro man forte e/o per provocare e sobillare gli animi.
Tutto ciò avvenne nel 59 d.C., duemila ottantanove anni fa. Quell’affresco esiste ancora, è tappa obbligata per i visitatori del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Documenta il primo episodio noto, al mondo, di violenza in uno stadio.