Gianni Di Marzio nasce a Napoli l’8 gennaio 1940. Dopo aver smesso presto di giocare in seguito a un grave infortunio, nei primissimi anni ha diretto la Flegrea (squadra di dilettanti del rione flegreo di Napoli, dove tra l’altro si formò Ciccio Cordova, passato poi alla Roma), poi la Juve Stabia e la Nocerina. Con la società di Nocera Inferiore ha vinto il Seminatore d’oro per la Serie C.
La storia nocerina di Gianni Di Marzio a Nocera inizia nel 1971-72. Ingaggiato per rifondare la squadra dopo i lunghissimi undici anni di militanza in serie D, ebbe risultati più che apprezzabili.
All’epoca non c’erano assolutamente i mezzi economici e le strutture idonee per fare un certo discorso, dopo che nel 1970-71, con Carmine Maiorino presidente, i molossi conclusero il campionato impiegando la squadra delle giovanili, per l’abbandono dei giocatori della rosa titolare per motivi economici.
La Nocerina incominciò praticamente da zero e Gianni Di Marzio proveniva dalle giovanili del Napoli, aveva una gran voglia di farsi conoscere dal grande pubblico e la Nocerina a quei tempi era già una squadra blasonata e questo, nonostante le difficoltà, diede al mister napoletano molta verve ed era molto ma molto motivato.
Per lui approdare alla Nocerina era un po’ come una persona che vuole sistemarsi e non gli resta che sposare un’aristocratica per andare a colpo sicuro.
Gianni Di Marzio con la Nocerina ha vinto anche “il seminatore d’oro”, la statuetta per il miglior allenatore di serie C. Un premio, possiamo dire, importante. Nella sua carriera, ne ha vinti due: l’altro con il Catanzaro per la serie B. Oggi il premio si chiama “La panchina d’oro”.
Il Seminatore d’oro per Di Marzio è stato un gran riconoscimento, particolarmente importante in quanto in quegli anni si affacciava nel mondo del calcio ed in una società blasonata ma in un momento delicato. Di Marzo in quel periodo nocerino ha seminato bene con l’entusiasmo giusto. La Nocerina prese dei giovani dal settore giovanile del Napoli e di altre realtà attrezzate che in quella stagione fecero molto bene.
L’esperienza di Nocera in qualche misura è servita nel cammino professionale dell’allenatore e dell’uomo Di Marzio che la ha sempre etichettata come la partenza di tutto. «Senza Nocera –diceva il mister – probabilmente la mia carriera non sarebbe neanche iniziata».
Per intensità emotiva o per qualche situazione di particolare rilievo, c’è sempre qualche episodio che rimane impresso nella mente o nel cuore, non si può dire la stessa cosa per Di Marzio. In quanto riferiva spesso che l’esperienza nocerina per lui si è trattato di un susseguirsi di episodi e di emozioni era un entusiasmo continuo durante tutta la settimana. Allo stadio durante gli allenamenti o la domenica allo stadio i tifosi accorrevano sempre numerosi e tutto ciò ha portato a competere quella Nocerina addirittura per il primato, purtroppo perso contro la Juve Stabia.
Anche le persone di Nocera sono state tutte importanti e fondamentali per l’allenatore napoletano. Sembra strano ma Di Marzio era amico di tutti. E con tutti, il comune denominatore dei successi è la creazione di un rapporto di vera amicizia che deve ruotare attorno alla squadra, alla gente ed a tutte le persone intorno. Di Marzio era amico del marchese Villani, non un presidente ma un amico. Andava persino spesso a dormire a casa sua. Di Marzio era amico tra gli altri di Gerardo Esposito, di don Antonio Orsini, di Gino D’Angelo, di Benito Calvanese, e del fotografo Ciccio Iovane.
A chi chiedeva a Di Marzio come era il pubblico di Nocera il mister rispondeva: «Il pubblico di Nocera si distingue dagli altri per una particolarità: basta poco per entusiasmarsi e altrettanto poco per deprimersi. Un paio di partite perse e non vedi più il grande pubblico, un paio vinte e si riempie lo stadio. Insomma basta veramente pochissimo per cambiare lo stato d’animo e la numerica degli spettatori, allo stesso tempo croce e delizia».
Mister Di Marzio ha trovato sia l’amore della gente che il “vero amore della vita”, la propria moglie, un altro elemento importante che lo ha legato a Nocera praticamente per sempre. La moglie Concetta Manno, meglio conosciuta come Tucci, la figlia del professor Manno. Per Di Marzio è stato una svolta vitale, un tatuaggio indelebile che lo ha legato a Nocera.
Sempre a casa Di Marzio il primo risultato della domenica che si cercava e che veniva controllato era quello della Nocerina perché la signora Tucci s’incaricava di ciò e teneva puntualmente informati Gianni e Gianluca, il figlio, giornalista di Sky. Mai una domenica che non si conosceva il risultato dei molossi.
Dopo la Nocerina, il mister ha allenato a Brindisi La squadra di Di Marzio è la rivelazione di inizio campionato, ma l’avventura del tecnico con il club brindisino ha un epilogo drammatico: il 13 dicembre del 1973 ha un bruttissimo incidente in auto, da cui esce sfigurato, il ‘prezzo’ che paga per proteggere – e salvare, fortunatamente – la moglie e il bambino che porta in grembo. Oltre al danno, la beffa: Gianni deve essere sottoposto a un delicatissimo intervento maxifacciale, ma l’allora presidente Franco Fanuzzi decide di esonerarlo.
Fanuzzi aveva chiesto al tecnico di non operarsi: il “commendatore” ha paura che senza la sua guida possa perdere il primato… e lo esonera! Ma se alla fine il Brindisi rischierà addirittura di retrocedere, per Gianni si apriranno le porte della Serie A.
Di Marzio firmerà con il Catanzaro La prima stagione in Calabria fa le prove della promozione: Di Marzio perde lo spareggio contro l’Hellas Verona a Terni (0-1), ma al secondo tentativo – nel 1976 – non sbaglia, portando i giallorossi del presidente Ceravolo e di bomber Palanca nella massima serie per la seconda volta nella loro storia.
Una delle colonne di quel Catanzaro è Claudio Ranieri che, in seguito, Di Marzio porterà con sé anche a Catania e Palermo. E che sarà sempre legato al suo ‘maestro’, che gli aprì la prospettiva di una carriera di allenatore.
Il legame tra Ranieri, i compagni del Catanzaro e Di Marzio non si è mai interrotto, anzi: le loro rimpatriate sono diventate un appuntamento fisso, come nel Capodanno del 2018, ospiti del tecnico romano a Nantes.
Dopo l’esperienza catanzarese, Di Marzio torna a ‘casa’: nell’estate del 1977 – ad appena trentasette anni – diventa il primo napoletano a guidare la squadra della sua città. E non delude: raggiunge il quinto posto in classifica, che vale un piazzamento in Coppa Uefa, sfiorando la vittoria della Coppa Italia (sconfitto in finale a Roma dall’Inter).
Tra le vittorie rimaste ‘mitiche’ in quell’annata il 5-0 alla Juventus di Trapattoni grazie al poker di Beppe Savoldi, mattatore di quel Napoli con ventotto reti stagionali (sedici in campionato e dodici in Coppa Italia). Eppure ‘snobbato’ – per la disperazione di Di Marzio – dal commissario tecnico Bearzot, che non lo convocò per Argentina ’78.
Al termine del campionato, Di Marzio volò ugualmente in Argentina per seguire il Mondiale. In quel periodo scoprì un giovane su proposta di Settimio Aloisio, uno dei responsabili della sezione calcio dell’Argentinos Juniors, di origini calabresi e tifoso del Catanzaro. Aloisio gli riferì di un ragazzo fenomenale, è stato anche tra i quaranta pre-convocati, ma ha solo diciassette anni e il ct Menotti gli ha preferito gente di maggiore esperienza. Quel giovane era Diego Armando Maradona. Di Marzio lo vide in una partita su un campo in terra battuta. Maradona era arrabbiatissimo con Menotti per la mancata convocazione. E in un quarto d’ora fece tre gol. Una volta negli spogliatoi Di Marzio gli fece firmare un contratto in bianco.
La Serie A era ‘chiusa’ agli stranieri (riaprirà le frontiere nel 1980), ma l’affare saltò per altre ragioni. Maradona – venne in Europa per delle amichevoli, anche in Italia. Ma il presidente Ferlaino non ne volle sapere. Preferiva i giocatori esperti e già conosciuti perché gli facevano vendere gli abbonamenti.
La seconda stagione napoletana non è all’altezza della prima, ma Di Marzio non impiega molto a tornare in Serie A, stavolta sulla panchina del Catania. L’appuntamento con la storia è fissato allo stadio Olimpico di Roma, per gli spareggi contro Como e Cremonese, il 25 giugno del 1983: trascinato da quarantamila tifosi rossazzurri riporta gli etnei in paradiso.
Dopo un anno sulla panchina del Padova in Serie B, torna al sud e ottiene la promozione nei cadetti con il Cosenza, attesa ventiquattro anni. Ed con i calabresi – prima di chiudere la sua storia da allenatore a Palermo nel 1992 – che comincia una nuova fase, quella dirigenziale e di scouting.
Nel 1996 viene scelto da Maurizio Zamparini per ricoprire il ruolo di direttore sportivo del Venezia, contribuendo alla promozione in Serie A, che mancava in laguna da un trentennio.
Nel 2011 collabora con la società inglese del Queens Park Rangers come consulente di mercato, mentre l’ultimo incarico da dirigente lo ottiene nel 2015 a Palermo, da consulente personale del presidente Maurizio Zamparini.
Nel 2020 è stato inserito nella galleria sulla storia del Napoli, opera realizzata dagli artisti Fabio ‘Biodpi’ Della Ratta e Domenico Olivieri nella stazione della Cumana “Mostra-Stadio Maradona”.
Dopo una vita nel calcio, ha trascorso i suoi ultimi anni coccolato dalla famiglia e dai suoi due nipotini, figli di Anna Maria e Gianluca, che gli ha dedicato un pensiero tenerissimo al momento della sua morte il 22 gennaio 2022: “Allenatore del popolo, papà unico, marito passionale e nonno dolcissimo. Non ti dimenticherò mai, non ti dimenticheranno mai. E adesso vai da Diego così potrai finalmente allenarlo”.
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