Il “Derbyssimo” non sarà mai solo una partita.
In campo non ci sono solo 22 calciatori e un pallone, bensì due popoli, separati da poco meno di 5 metri (al confine) l’uno dall’altro e poco più di una manciata di chilometri se consideriamo i centri delle città di Cava e Nocera Superiore.
Non può essere solo una partita, se la rivalità che intercorre tra le due compagini è radicata fortemente perfino nelle mura cittadine, difatti non è raro leggere commenti poco lusinghieri per i “cugini” dall’una e dall’altra sponda.
Non sono 90 minuti, più recupero e supplementari (in caso di coppa), ma una vita, più di una, vissuta in maniera speculare, perchè quando sei in provincia, il calcio è tutto ciò che hai e diventa Patria, estensione del singolo cittadino e, più di ogni altro amore, viene quello per i colori, i tuoi colori, nonostante la categoria.
La Nocerina è la tua gioia se vince e la tua tristezza se perde, croce e delizia e tutto sembra andare più lento quando le cose non vanno bene, anche l’amore, mentre quando va bene abbracceresti chiunque, urleresti e salteresti come un pazzo perchè HAI VINTO ANCHE TU, anche se non eri in campo a lottare, tu lottavi sugli spalti e spingevi la palla in rete con urla, grida e anche con lo sguardo.
Preghi che il vento spinga verso la rete avversaria, che l’arbitro non veda una spinta, che il mister faccia i cambi giusti e che i tuoi gladiatori diano l’anima e anche di più in campo.
Nocerina-Cavese non può essere una partita normale, soprattutto dopo i fatti accaduti un anno fa, o quest’anno, dopo il rotondissimo 6 a 1, dopo quel famoso torneo degli anni ’90, dopo le minacce pseudo-sportive in salsa social.
La storia ci ha accomunati spesso e spesso ci ha mostrato chi è meglio, seppur ogni tanto ci siano state sorprese.
Gli ultimi 90 minuti sono stati quantomeno turbolenti, in uno stadio di fuoco, gremito di cuori molossi pronti ad esplodere al gol, arrivato e poi annullato con miopia da un frettoloso segnalinee, forse impaurito dal contesto.
Il derbyssimo, però, non potrà mai essere una partita come altre.
Felice Vicidomini